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CRONACA feOVVERSiVA V Dopo il trattato DI OUCHY. I plenipotenziari turchi ed italiani, in nome di Maométto V e'di Vittorio Ema nuele III, hanno dunque firmato il trat tato della pace. Ciò vuol dire che d'ora in avanti, laggiù, in Tripolitania, i sol dati italiani non avranno più da combat tere contro le truppe turche. Il bersaglio è cambiato; ecco tutto. Il sangue della gioventù italiana ed araba, presumibilmente, a periodi più o meno i frci-M-i f Ati ft ntitinnor " a VQ erti CX Yf 1 sabbie del deserto. Se le cose della guerra ci interessassero profondamente, prò o contro, se fossimo dei politicanti, il testo del trattato di Ouchy ci servirebbe ora ad una lunga disamina. Quanto almeno ci occorrereb be per condannare o per esaltare l'opera del governo italiano, a seconda delle no stre convinzioni. Ma politicanti non lo siamo; abbiamo semplicemente delle esporre e propagare. Così possiamo lasciare ora da parte il trattato di Ouchy, tutte le brutture in esso contenute - basta la stampa na- ìnri'ilìct'i rrA un r W tnptf-fr1f in evidenza - e parlare di cose che più di rettamente et interessano, quantunque esse pure inerenti alla guerra, come l'ef fetto è inerente alla causa. Nel passato, ante bellum, i giornali anarchici, e noi con essi, hanno molto parlato della guerra, delle cause che la generarono e degli effetti che produce, l'hanno sviscerata sì può dire in ogni sua parte, ed esaltati della stessa loro opera demolitrice si sono lasciati strap pare dal convincimento che, giunta l'ora critica, la folla anonima dei nullatenenti, i lavoratori, li avreDbero seguiti in un movimento di opportuna rivolta. Iilusio tif ! Onn .1111 nfrtn nro-ncrl in l'ahKiamA provato noi stessi andavano ripetendo: "Il governo italiano non darà un ordine di mobilitazione per promuovere una guerra; dopo l'esperimento doloroso del 1896, in Africa, dopo la propaganda an- timilitarista fatta in questi ultimi anni, non oserà! Ed invece...... tutti sanno quello che è avvenuto nelk guerra tripolina : una campagna giornalistica sapientemente preparata, è bastata perchè il popolo ita- liano (lasciamo le onorevoli eccezioni) dimenticasse ad un tratto la nostra prò- paganda e si lasciasse abbagliare dal fai- so miraggio di. un avvenire di prosperità per l'Italia e per i suoi lavoratori. " Questo è un esempio che non deve an- rdare perduto per noi; la lezione ricevuta Ndeve esserci di sprone ad un esame prò- sfondo del nostro operato e deve incitare . a nuove e più efficaci opere. La propaganda fatta fin qui, propa- , ganda materiata essenzialmente di criti- , ca, ha, sì, contribuito a distruggere nei ..compagni ed in parecchi simpatizzanti molti'avanzi di idealità tramontate e non pochi pregiudizii regalatici da genera zioni passate; ma, e qui è il male, dob biamo riconoscerlo, non ha oltrapassata l'epidermide della folla; in alcuni me menti ci è parso che la folla ci seguisse nei nostri movimenti, nelle nostre mi gliori agitazioni, ma così non era, se non in parte. Per seguirci interamente le manca quella convinzione fatta di ragio namento che sola spinge alle grandi ri volte, ai grandi eroismi, alla grande ri voluzione da noi tutti agognata. Eppure l'ora incalza. Il braciere bal canico acceso, le rivalità delle grandi po- tenze possono da un momento all'altro scoppiare, maeari contro la volontà desìi uomini preposti alla cucina diplomatica, e gettare le une contro le altre le fiorenti gioventù di varie nazioni. x Che cosa facciamo noi ? Potrebbe anche darsi che dall'odierno subbuglio balcanico non uscisse la temu- ta confi igrazione europea. Non sarebbe per questo eliminato il nostro dovere di operare. L'azione non sarebbe per ciò che rimandata di qualche tempo. Pen siamoci. Le classi dirigenti del regno italico, imbaldanzite dalla relativamente facile vittoria ottenuta nei deserti libici sopra un avversario male armato e peg gio equipaggiato, è piobabile sognino di già nuovi attentati briganteschi tanto è. vero che l'appetito viene mangiando. I banchieri francesi o britannici (si ri cordino le parole piene di minaccia pro nunciate una diecina di mesi fa da sir Edward Gfey) non istaranno dal creare ancora una situazione la quale possa da re adito ad un' aeeressione contro la Germania. L'Austria ad ogni mo- . mento manifesta il proprio desiderio di misurarsi sul campo di battaglia con qualche nazione concorrente. ' .. Che cosa faremo noi allora? Subiremo ancora passivamente tutti gli oneri di una nuova guerra? Ecco delle cose alle quali conviene ci pensiamo seriamente, se non vogliamo che il nostro rivoluzionarismo si trasfor mi in un puro rivoluzionarismo da pa rata o da bettola. E siccome non voglia mo rassegnarci sempre al bene placito di coloro che ci governano, fa duopo pensa re subito ai mezzi più idonei onde effet tuare un'azione energica contro i nemici di casa nostra. ' V Dobbiamo insorgere. . Una insurrezione non si effettua dal l'oggi al domani, bisogna prepars ria di lunga mano, mediante un lavoro attivo, j tenace, di tutti i giorni, di tutte le ore, più che con disquisizioni teoriche, 1 con un'opera concreta, assidua. Imitiamo in questo i governi : prepariamo i nostri ef-, fettivi, siamo avveduti, teniamoci pronti; non lasciamoci perdere ancora una volta all'improvvisa dagli avvenimenti. Ci pensino i compagni, ci pensino i ri voluzionari. Dal canto nostro non tralascieremo dal battere il chiodo,dovessimo venire a noia, fino a tanto che non ci sapremo ascoltati; ed ove occorra non trascureremo di rife rire tutti quei mezzi tendenti allo scopo che man mano verranno a nostra cono scenza, lieti se altri vorranno in ciò as secondarci. Corrado. Guglielmo, Elena e Compagnia Nel giugno 1896, a Berlino, al Nuovo Palazzo, si dava un banchetto in onore di Li Hung Chang ; un banchetto son tuoso come quelli- che si usa dare alla Corte dell'Imperatore dei germanici. Verso la fine del pantagruelico pasto, il fuciliere Rieger, il quale, come d'abi tudine se ne stava dietro l'imperatore, rimise aì suo signóre un dispaccio. Strappare la busta, leggere il messag- gio e prorompere, in uno scoppio di risa, fu per Guglielmo II l'affare di un istante.; hi Hung-Chang sorpreso, mortificato, guardò il suo illustre anfitrione. Cos'era avvenuto ? Qual'era la ragione di un contegno così poco conforme alle regole protocollari ? L'imperatore, vedendo la sorpresa del principe Cinese, ordinò all'intèrprete di spiegargli che la sua gaiezza subitanea era stata causata dalla notizia ricevuta di un importante fidanzamento. Allora, la Hung-Chang volle sapere tutto. L'impe- ratore, deierente al desiderio del suo ospite, gli diede il dispaccio appena rice vuto. Cotesto dispaccio annunciava il prossimo matrimonio del principe di Na poli con la principessa Elena del Monte negro. Alla fine del pranzo, l'imperatore si avvicinò al conte Eulemburg e gli susur- rò poche parole all'orecchio, le quali eb bero il dono di gettarli entrambi in una folle illarità. Sentite dunque, disse Li-Hung- Chang all'interprete, qual'è la farsa che li rende tanto ilari, e 'venitemela a rac contare. L'imperatore ha detto al conte Eu lemburg che la nonna della principessa Elena del Montenegro era stata mercan te di noci. In realtà le parole pronunciate da Gu glielmo II erano queste La nonna di cotesta principessa non era che una vagabonda la quale vendeva delle noci per la strada. L'imperatrice Augusta-Vittoria rimase conturbata per il dispaccio pervenuto da Roma, perchè aveva sempre sperato che sua sorella Féo avrebbe sposato Vittorio Emanuele., Lo scherzo di suo marito fece un Poco di diversione al suo dispiacere. Jb, uno scherzo eccellente, esclamò l'imperatrice, voglio registrarlo nel mio giornale privato. Disgraziatamente, la riflessione impe riale non rimase il segreto esclusivo del prezioso volume, quantunque questo si trovi sempre rinchiuso in un ricco co fano del quale la chiave non separa mai l'impératrice. Circolò fra gli intimi dei sovrani di Germania e pervenne natural- mente fino al Quirinale. Tanto è vero che in tutte le Corti esiste un reciproco e vero servizio di spionaggio. Costume antico quanto ignobile. Da allora, l'amicizia fra le Corti di Berlino e di Roma, si è considerevolmen te raffreddata. Quisquillie di sovrani. Urs. Russia tragica Nicola II, il tristo sire che un giorno si compiacque di presentarsi al mondo sotto la maschera dell'angelo della pace, continuando la gesuitica tradizione dei Romanoff, non è ancor sazio d'avvolto larsi nel sangue. I giornali rivoluzionari russi sono con tinuamente pieni degli, orrori che ogni giorno commettono gli aguzzini al servi- zip dell'autocrate. Rilevarli tutti, quegli orrori è cosa impossibile ; del resto, a che prò ? La v ecchia Europa, gli stéssi elen.enti d'avanguardia, in mille faccen de affaccendata, non ha tempo di indu giarsi oltre sulle cose della Russia. E poi, ha fatto la pelle dura alle striate dei carnefici, s'è fatta schiava dei potenti. Troppi delitti sono rimasti impuniti. Chi ha ancora tanta memoria da ricor darli?. Chi ha ancora tanta sensibilità da commuoversi e tanta audacia da solle varsi? La memoria, la sensibilità, l'au cia sono cosa di altri tempi, dei tempi in cui era vigile l'or bandito idealismo. Gli eroi sono morti o si sono fatti mer canti. Accontentiamoci d'accogliere di tanto in tanto qualcuno di quei fiori del dolo re. L'odierno ce lo porge il giornale di Bourtzeff, l'Avvenire, il quale lo ha strappato, a sua volta, da una lettera uscita recentemente dalla prigione di Koutomara, situata nella circoscrizione di Nertchinsk, in Siberia. Un ispettore generale delle prigioni, certo Sementovsky, ivi giunto per un viaggio d'ispezione, trovò che il regime qui fatto ai prigionieri politici non era abbastanza rigoroso. Eppure, pochi mesi prima i prigionieri erano dovuti ricorrere al classico sciopero della fame per prote stare contro le vessazioni alle quali erano sottoposti. Ed ordinò un nuovo stringi mento di freni. "Fino dal suo primo contatto coi pri gionieri politici è detto nella lettera l'ispettore Sementovsky, incominciò col dare loro del tu. I nostri compagni, sai vo uno, protestarono soltanto col silen zio non rispondendo alle domande che rivolgeva loro il carnefice. Il compagno Brillon fu il solo a protestare contro l'insolenza dell'ispettore con la parola'. 4 'Le sanzioni non tardarono. I dete nuti polìtici furono messi al regime dei forzati di diritto comune, e Brillon, in oltre, fu messo ai ferri. "Ma, bisogna, anzi tutto, precisare cosa significa esser messo al diritto co mune in un bagno russo. Ciò non vuol aire soltanto tiene privazioni nsicne e morali, ma ancora e sopratutto delle umiliazioni, Una degradazione intollera bile di tutto l'essere morale. Ciò vuol dire che degli nomini fieri, di una sensi, bilità più particolarmente fina, degli uo mini i quali hanno sacrificato la loro li bertà in nome di un ideale, sono obbli gati di salutare i loro carnefici con una faccia ed un contegno regolarmente ri- spettosi. Ciò vuol dire ancora che dei li beri pensatori sono costretti, a recitare delle preghiere di chiesa, in prs n- za degli sgherri. Ciò vuol dire infine delle punizioni corporali per la minima infrazione al regolamento. " Breve, la visita dell'ispettore gene- rale Sementovsky accumulò tutti gli ele menti della tragedia che sopravvenne. "Il nuovo regime fu proclamato due giorni dopo la partenza di Sementovsky, il 17 (30) agosto di sera, per esser messo in vigore l'indomani. "Ma la catastrofe scoppiò immediata mente. Il compagno Brillon, che trova- vasi in una cella d'isolamento, rifiutò di obbedire all'ordine: Brillon, esci! "Tosto il nuovo regime cominciò a funzionare : i sorveglianti si gettarono sul detenuto, lo massacrarono mezzo di bastonate, lo trascinarono fuori della cel- la fino al deposito del materiale, ove gli fu fatta subire la pena delle verghe....... "Fu troppo Nella notte stessa eb be luogo la protesta suprema dei compa ni, la protesta col suicidio E nota te bene ! il genere di suicidio scelto è di già in sè stesso un'accusa formida bile contro il regime infernale imposto dal governo ai prigionieri di Koutomar.a e d'altrove. Questo genere fu, in fatti, il veleno. "Dunque, i detenuti erano maltrattati al punto che avevano pensato di procu rarsi in anticipo il veleno unico e su premo mezzo per sfuggire alle torture morali loro inflitte ! "Ecco i nomi dei martiri che si sono nfugiati nel suicidio: Mochkine, Mikhai- loff, Rytchkofly Leibasohn , Massloff, Tcher.stwoff, Odinzoff, Kozloff e Pou- khalsky. , "Ma- non osiamo dire: fortunatamente il veleno, salvo pér quest'ultimo non si mosti ò abbastanza efficace. Provocò del- le sofférenze atroci, ma non la morte. "Allora, tre degli avvelenati, Rytch- koff , Leibashon e Massloff ebbero 11 co raggio di tagliarsi le arterie. "Furono sepolti in fretta, prima del l'alba, con Poukhalsky, nella fossa" co mune. "Infine, Mikhailoff ebbe la sorte peg giore di tutti : impazzì "L'indomani, tutti i detenuti politici dichiararono lo sciopero del'a' fame. "Ecco come il direttore del bagno, Golowkine, si comportò l'indomani stes so della tragedia. D'chiarò ai condannati in isciopero : ' " Ho ricevuto l'ordine da Semen tovsky di non ricorrere all'alimentazione artificiale. A voi di lasciarvi morire, a me di seppellirvi. Ecco tutto !" Non commentiamo, i commenti li fac ciano Ì lettori ; ricordiamo. Parecchi anni fa, quando si seppe nell'Europa occiden tale e nelle Americhe, che i detenuti po litici per salvarsi dalle torture inflitte lo ro dai carnefici di Nicola II nei bagni siberiani erano costretti a ricorrere allo sciopero della fame, sei anni or sono quando si sparse-la voce sinistra dell'ol traggio fatto a Maria Spiridonova, due an ni fa quando si seppe che l'eroico Kaliaieff , nel bagno di Zarentuì, era ricorso al sui cidio per protestare contro le infamie compiute su' suoi compagni di prigionia, un grido di protesta si sollevò da migliaia di petti. Era la belva ferita che, morsa dal dolore, pareva volersi risvegliare e slanciarsi contro i carnefici. Fu un sem plice urlo, non altro. Da allora, la belva, calmata la morsura, è ricaduta nel letar go. La schiava ha ripreso le catene. Si risveglierà mai, per davvero ?, Vogliamo ancora sperarlo. V Arturo. Enrico Ibsen (1828-1906) ' La signora Remusat riferisce queste parole di Ibsen : ,: i ...... Là, egli disse di voler pervenire a ciò che vi ha di più grande e di più per fetto in bellezza ed in chiarezza. E quando vi sarai giunto ? chiese sua sorella. 1 Quando vi sarò giunto, morirò, ri spose. x Aveva allora diciott'anni. . Ibsen ha potuto veder venire la morte tranquillamente, la sua opera essendo compiuta, a prezzo di tutta una lunga vita tesa costantemente verso un mede simo scopo, il sogno ambizioso e. splen dido della sua gioventù è stato realizzato. Ibsen era nato in una piccola città del la costa norvegese, Skien, nel 1828. Suo padre era, si racconta, un commerciante gaio e audace, e la vita gli appariva sen- za dubbio libera da ogni miseria mate riale. Il brusco sfacelo della fortuna pa terna lo costrinse tuttavia a guadagnarsi la vita per tempo. Il teatro l'attirò tosto e nel tempo in cui era allievo farmacista, scrisse e fece rappresentare, senza gran- de successo, i suoi primi lavori: Catili- na, La festa a Sothang, La castellana d'Oestraad, 1 guerrieri a Helgeland. Divenne rettore del teatro di Bergen, poi di quello di Cristiania. Il suo carattere altero e volontario non conviene alle imprese commerciali e quando il teatro di Cristiania fa fallimen to, un po' stanco delle lotte sostenute, sollecita dal governo una borsa di viag gio. ' La rappresentazione della Com media dell'amore, data appunto in que st'epoca, appoggia poco la sua domanda. Non è più l'indifferenza che provoca la sua opera, è la collera. Senza che se ne Possa spiegare il perchè, tutta Cri- stiania si solleva. Disgustato questa vol- ta, Ibsen lascia la Norvegia, dove non tornerà se non negli ultimi anni della sua vita. Va a Roma e più tardi a Mu- nich. v Non è in questi pochi fatti che biso gna cercare Ibsen. Sono utili soltanto da ricordare perchè essi lo hanno snaziona lizzato, poi, prima per sentimento, indi per ragione, gli hanno fatta perdere ogni idea di patria e di nazionalità e l'hanno fatto divenire progressivamente uno di quei "buoni europei" dei quali parla Nietzsche, uno di quegli spiriti di cui ap profitta l'intera cultura occidentale. E , nella sua opera che possiamo tro- j vario completamente. In essa è tutta la j sua vita. Gli occorrevano circa due anni per scrivere un lavoro e vi si dava inte ramente, chiudendo la sua mente a qual siasi altra preoccupazione. Allor che i fratelli Brandès fondarono una rivista, lo pregarono vivamente di collaborarvi. Per amicizia verso Giorgio Brandès il quale, uno tra i primi lo aveva compreso ed amato, e con lui corrispondeva da molto tempo prima d'averlo visto accet tò ; ma presto, dopo aver dato alcune poesie, dichiarò che gli era impossibile di dare qualche cosa al di fuori dei suoi lavori drammatici. Sempre, direbbesì, gli stava innanzi l'alto ideale della sua gioventù ed una volontà poco comune grimpedh a di distrarsi altrimenti. Questo lungo lavoro spiega la perfe zione tecnica delle sue opere e la coscien za con la quale sono trattati i problemi che agitano. Questa perfezione tecnica, non l'ha sempre posseduta. Nelle sue prime opere e ancora nella Casa di Bambola, vi sono dei procedimenti del vecchio teatro, che Brandès, amichevolmente, gli segnala. Ibsen se ne accorge ; cura maggiormente la forma e, qualche tempo dopo, scrive, con gioia di avere finalmente compiuto lo sforzo d'evitare" qualsiasi monologo. anche appartato. , Non che soltanto la fortuna lo preoc cupi. Nel 1865, scrive a Bjornson infor mandolo che il viaggio cui aveva appena fatto aveva avuto per risultato di fargli abbandonare il punto di vista dell'esteti ca pura, f dell'estetica considerata come se avesse un valore in sè. Ma sente che fa un'opera nuova, così differente dal teatro convenzionale d'allora e necessa riamente presentata anche in un aspetto nuovo. Ha letto Dumas ; ha visto i suoi difetti, ed è fortemente deciso ad esclu dere dalla sua opera tutti i lunghi di scorsi, retorica fastidiosa e stanchevole. Dalle opere, così nuove come forma. vediamo se è possibile sprigionarne un si- gnificato comune e di trovarvi il pensiero stesso d'Ibsen. È noto come fu rivelato questo potente drammaturgo in Francia. Antoine rap presentò L'anitra selvatica e più tardi Gli Spettri ; e il Vaudeville diede Hedda Gabler: poi vennero le rappresentazioni dell Oeuvre, le quali cominciarono, cre do, con Rosmersholm. D'Ibsen del qua le dovrebbesi incominciare co, suoi primi lavori, noi conoscemmo da primo le sue ultime produzioni. Viullc aruenie entusiasmo si manifestò 1 1 . . .. . alle rappresentazioni delUOeuvrel Come . la nostra gioia era grande nell' udire esprimere le nostre idee in quel chiaro e puro linguaggio che parlano i personaggi d'Ibsen nella produzione di un' arte drammatica finita la quale, checché si dica, interessa ed appassiona eli saetta- ( A. Ma quando cercavamo d'identificare . w uui personaggi, gli uni ci ca TV 1 , .. . . ricavano del loro dilettantismo, gli altri del loro simbolismo. Avevamo noi torto? Non lo credo. Credo fermamente che era il ribelle quello che vedevamo in lotta contro le tirannie, sociali,, i pregiudizii,. le menzogne convenzionali sotto le quali l'individuo è schiacciato. Noi abbiamo, ora che la sua corrispon denza è pubblicata, dei documenti pre ziosi per fondare la nostra opinione, le idee cui acclamavamo le vediamo espres se da Ibsen medesimo. Finn Hai iRt Il nemico del popolo data solo dal 1882 egli scrisse al Brandès :. "Secondo me, il solitario è il più for te", e due anni prima aveva scritto que ste linee significative : "Gli avvenimenti contemporanei occupano in molta parte il mio pensiero. La vecchia Francia chi merica è demolita ; il giorno in cui la giovane Prussia realista avrà subito la medesima sorte, noi entreremo di un salto solo in un'era nuova. Oh ! come le idee crolleranno allora intorno a noi ! Sarebbe tempo che ciò avvenisse! Noi viviamo delle bricciole cadute dalla ta vola della Rivoluzione nel secolo scorso ; questo nutrimento è da un pezzo masti cato e rimasticato. Le idee hanno biso gno di alimenti e di sviluppi nuovi. Li bertà, eguaglianza, fratellanza non sono più quello che erano all'epoca, della de funta ghigliottina. I politicanti si osti nano a non comprenderlo, ed è per que sto che li odio. Vogliono delle rivoluzioni parziali, delle rivoluzioni superficiali, di ordine politico. Sciocchezre. Quello che importa è la rivolta dello spirito umano". Un anno più tardi, nel 1871, disse an cora : "La Comune di Parigi non ha es sa agito indegnamente rovinando la mia eccellente teoria governamentale o più esattamente antigovernamentale ? Ecco la mia idea per lungo tempo annientata. Non importa ! Il fondo è buono, ciò lo vedo chiaramente. Qualche giorno sarà